i foraminiferi

martedì 17 novembre 2015

Curiosità sui Dinoflagellati

 

    Nei miei post sui microrganismi eucariotici  (protisti) mi sono concentrata soprattutto sui ciliati  (sono quelli che conosco meglio avendoli studiati per più di quaranta anni!!).
Ma esistono altri gruppi su cui vale la pena di soffermarsi per le loro stimolanti singolarità.

  Ho già accennato ai flagellati, quelli che si muovono grazie a filamenti, i flagelli appunto, che pur avendo la stessa struttura interna delle ciglia sono molto più lunghi ed in genere pochi, anche uno solo.
Tra i flagellati di particolare interesse appaiono i Dinoflagellati  un gruppo che abbonda nel plancton. Sono caratterizzati dalla presenza di  due flagelli: uno trasversale ed uno equatoriale  e, in molti casi,sono ricoperti da un guscio rigido di varia natura,  
  Hanno forme molto diverse e le loro dimensioni vanno da 8 a 500 micrometri. 


 

Scheletro di Dinoflagellato



Ceratium 




     Molti di essi sono autotrofi e, grazie alla sintesi clorofilliana,  producono sostanza organica, emettono ossigeno e assorbono anidride carbonica proprio come fanno le piante sulla terra ferma. 
Altri sono invece eterotrofi quindi devono mangiare per vivere. Molti Dinoflagellati eterotrofi  sono predatori  estremamente voraci capaci di ingerire prede di cospicua dimensione.

     Ma come  riescono a farlo le specie rivestite da un guscio rigido?  

Molte possiedono delle strutture estraibili come il pallio con cui rivestono la preda che viene poi digerita al di fuori della cellula  o il peduncolo estensibile con cui pungono la preda di cui poi, attraverso il peduncolo stesso, ingeriscono il citoplasma. Le prede, attratte  da stimoli chimici, possono essere altri protisti o addirittura piccoli metazoi feriti alla cui digestione possono partecipare anche più individui.

Praticamente tutti i Dinoflagellati del plancton compiono migrazioni verticali giornaliere: alcune specie percorrono ogni giorno una cinquantina di metri cioè una distanza pari a due milioni di volte la loro lunghezza!!!! È come se un uomo facesse un viaggio subacqueo quotidiano di quasi 4000 km !!!!! 

      Questa migrazione li porta di giorno in superficie dove c’è più luce e di notte nelle acque più profonde ricche di nutrienti: comportamento prevedibile e comprensibile per le necessità delle forme autotrofe.

 Ma perché si comportano nello stesso modo anche le forme eterotrofe?

     Bisogna considerare che il plancton, di cui i Dinoflagellati fanno parte, è un insieme complesso e variegato di organismi che interagiscono tra di loro in molti modi e con multipli rapporti preda-predatore che influenzano i rispettivi comportamenti.  Così, visto che i piccoli crostacei del plancton, che sono i principali predatori di Dinoflagellati sia autotrofi che eterotrofi, durante di giorno migrano verso il basso, dove non arriva luce, per sfuggire ai pesci che di loro si nutrono, e tornano verso l'alto di notte quando i pesci tendono ad andare sul fondo, è' possibile che i Dinoflagellati migrino in senso opposto per non essere mangiati a loro volta. 

Che questa sia l’interpretazione giusta o no questa migrazione dei Dinoflagellati è un fenomeno importante per l'ecosistema planctonico perché comporta uno spostamento massiccio di biomassa e nutrienti nella colonna d'acqua

Altro fenomeno di straordinario interesse è la capacità di  alcune specie di Dinoflagellati, tra cui Noctiluca,  di produrre bioluminescenza, cioè luminosità dovuta a reazioni chimiche all'interno di strutture specializzate nel loro citoplasma dette scintilloni. Quando la cellula è disturbata da un predatore, ad esempio un piccolo crostaceo, emette un flash di luce (l'allarme) che dura 0.1-0,5 secondi. Si tratta di luce fredda, l'energia non viene dispersa in calore.





Noctiluca scintillans "accesa"

  A quale scopo la Noctiluca emette questa energia luminosa spendendo una porzione notevole della sua energia metabolica?
 Anche in questo caso si tratta probabilmente di un sofisticato sistema di difesa. Alcune specie di pesci che cacciano utilizzando la vista,  vengono attratti dal flash luminoso emesso dal protista in pericolo e mangiano il crostaceo , più visibile rispetto ai piccoli Dinoflagellati che, così hanno più probabilità di salvarsi.





                                                              Bloom di Noctiluca



      Non si può però non ricordare che i Dinoflagellati sono tra i principali responsabili delle fioriture note come maree rosse a causa del colore che assume l’acqua del mare quando si accumulano milioni e milioni di individui. 
In queste circostanze producono delle tossine che possono uccidere i pesci o essere accumulate dagli organismi filtratori come cozze, vongole ecc. e danneggiare chi si nutre di questi molluschi. 

    Attualmente il problema delle alghe tossiche marine a livello mondiale sembra assumere dimensioni preoccupanti per l’aumento di questi fenomeni di fioritura. Tale aumento sembra essere dovuto da un lato all’eutrofizzazione delle aree costiere e all'innalzamento globale della temperatura e dall’altro alla progressiva diffusione di specie tossiche in nuove aree geografiche attraverso, ad esempio, l’acqua di zavorra trasportata dalle navi da carico.





                                                                          marea rossa

Così i Dinoflagellati, poco conosciuti ed apprezzati come essenziali componenti del plancton, produttori primari e consumatori dei primi livelli,  sono invece tristemente noti perché in certe condizioni, in gran parte prodotte dall’uomo, possono rappresentare un rischio per la salute umana.

Dimenticavo ...anche Symbiodinium , simbionte dei polipi del corallo e non solo, è un fitoflagellato!! Ne ho parlato nel post sulla simbiosi "insieme si può" perchè dalla sua sofferenza, dovuta probabilmente all'innalzamento della temperatura marina, dipende la sofferenza delle barriere coralline. Speriamo che questa estate 2017 che si annuncia caldissima non peggiori ancora la situazione.
 Comunque vorrei sottolineare ancora una volta che i microrganismi sono spesso fondamentali nei vari ecosistemi.