i foraminiferi

sabato 10 maggio 2014

Procarioti ed eucarioti sono poi così distanti?? The difference between prokaryotes and eukaryotes might be less definite than so far supposed



                            Premessa 
Questo post è probabilmente più difficile da seguire rispetto agli altri e me ne scuso,  ma come ho detto nel mio profilo, non mi piace tenere per me argomenti che ritengo interessanti anche per altri che non  hanno avuto modo di approfondire. Mi piacerebbe sentire le opinioni dei possibili lettori

        Le cellule vengono distinte in due grandi categorie: cellule procariotiche e cellule eucariotiche. Le une si ritrovano solo in organismi unicellulari, che sono stati le prime forme di vita apparse sulla terra più di 3 miliardi di anni fa.  Solo dalle  altre, le cellule eucariotiche, comparse soltanto (si fa per dire) 1.5-1 miliardo di anni fa , si sono poi originati gli organismi pluricellulari. 

Il passaggio da cellula procariotica a cellula eucariotica rappresenta quindi  un salto evolutivo fondamentale.

      Su come sia avvenuto questo passaggio sono state avanzate varie teorie che non sto qui a riepilogare. Quasi tutti gli studiosi sono comunque d’accordo nel pensare che nel suo prodursi siano intervenuti fenomeni di simbiosi (a proposito avete letto il post “Insieme si può?) ma molti aspetti sono ancora oggetto di contensioso tra i cultori della materia.

      Vediamo: quali sono le differenze tra i due tipi cellulari?



     PROCARIOTI                              EUCARIOTI       

 Mancanza del nucleo                           
DNA contenuto nel nucleo


Piccole dimensioni (1-5 micron)           

Maggiori dimensioni
Mancanza di strutture interne                
Organuli (mitocondri, reticolo)
Parete esterna di peptidoglicani             
Se c’è parete (cellule vegetali)                                                                              è di natura diversa
 Mancanza di scheletro cellulare            
Presenza di microtubuli e filamenti di sostegno


Lo specchietto sopra riportato, che illustra le differenze tra procarioti ed eucarioti, è simile a quelli che si trovano sui libri  delle scuole elementari, medie e superiori, in testi universitari ed anche in Internet naturalmente.
Eppure la maggior parte di queste affermazioni, riguardo a quella che viene considerata la più profonda separazione tra gli organismi viventi, ……….possono essere messe in discussione in base a nuove ma anche vecchie osservazioni!!!!!




Già sulla dimensione c’è da obiettare:  che ne dite di Epulopiscium fishelsoni che può raggiungere i 600 micrometri: nell’immagine è quello più grande, quelli piccoli sono Parameci, cioè protozoi ciliati che non sono tra gli eucarioti più piccoli!

   

o di   Thiomargarita  che supera i 500 micrometri?



Ancora più opinabile è la “mancanza di strutture interne”. Infatti se questa affermazione è consona alla maggior parte dei batteri non si adatta altrettanto bene ai procariotic fotosintetici che contengono complessi di membrane (Tilacoidi) dove sono localizzati la clorofilla e le altre sostanze necessarie alla fotosintesi. Si è sempre affermato che non si trattasse di vere strutture interne ma di introflessioni più o meno estese della membrana cellulare. Recentemente, però mediante tecniche ultramoderne di microscopia elettronica è stato definitivamente dimostrato in un ciano batterio che i tilacoidi non hanno nessuna continuità con la membrana plasmatica e quindi costituiscono un vero e proprio comparto cellulare, diverso e specializzato. Inoltre imolti procarioti foto sintetici, detti spesso microalghe perché vengono per lo più studiate da botanici anziché da microbiologi, oltre ai tilacoidi posseggono tutta una serie di strutture interne, che possono essere  tubulari,  cristalline ed anche circondate da membrana.

,Un esempio? Ecco un cianobatterio al microscopio elettronico.


Ma, mi direte, ma la mancanza di membrana nucleare che separa il DNA dal citoplasma, carattere che giustifica il termine Procarioti (cioè prima del nucleo) è comune a tutti. 

Ne siete sicuri??


Fin dagli anni ’80 era stato descritto un batterio Planctomicete: Gemmata oscuriglobus il cui nucleoide appariva, in preparati di microscopia elettronica tradizionale, separato da 
una membrana dal resto del citoplasma.


                                          Gemmata oscuriglobus

    Recentemente è stato dimostrato (Fuerst et al. 2010), con l’uso di una cryo-fissazione (che preserva le strutture meglio della fissazione chimica) che i batteri Planctomiceti e Verrucomicrobi (già considerati diversi dagli altri batteri perché privi della parete di peptidoglicani e perché si riproducono per gemmazione anziché per scissione), hanno tutti (non solo G. oscuriglobus, ) una compartimentalizzazione interna con membrane. Gli autori distinguono in questi batteri vari comparti e concludono che ci devono essere differenze metaboliche rispetto agli altri batteri.

                        Verrucomicrobium: le sigle e le frecce indicano i vari comparti



    Una compartimentalizzazione strutturale e funzionale era del resto già stata evidenziata negli Epixenosomi, i batteri da noi scoperti all’Università di Pisa che ho già descritto nel post “un batterio molto speciale”.

    Gli epixenosomi, che appartengono anche essi ai  Verrucomicrobi, hanno inoltre dei tubuli con caratteristiche molto simili a quelle dei microtubuli di tubulina, una proteina considerata esclusiva degli eucarioti. Altri Verrucomicrobi hanno geni di tubulina, anche se al loro interno non sono mai stati visti tubuli.




Epixenosma: i tubuli indicati con BT sono ben visibili



Insomma le cose sono sempre più complicate di quanto si pensi! La natura non si lascia racchiudere in schemi precisi.

Le osservazioni sui planctomiceti e i verrucomicrobi hanno spinto  gli autori a considerare planctomiceti e simili, in cui riconoscono una sorta di piano strutturale comune, come di procarioti col nucleo e, quindi, forme intermedie dell’evoluzione tra procarioti ed eucarioti. Da qui concludono che, ferma restando l’origine simbiotica per mitocondri e plastidi,  la cellula eucariotica sarebbe il frutto di una graduale evoluzione a partire dalle strutture procariotiche.


martedì 25 febbraio 2014

I protisti: cellule organismo. Protists:cells and organisms


I protisti: cellule e organismi.

Subito dopo la laurea in biologia, che ho conseguito presso l'Università la Sapienza di Roma circa cinquanta anni fa, ho ottenuto una borsa di studio all'Istituto Superiore di Sanità dove ho appreso le tecniche di microscopia elettronica. Si trattava allora di una tecnica nuova, all'avanguardia che permetteva per la prima volta di "entrare" all'interno della cellula ed esaminarne in dettaglio tutte le strutture. Quando poi sono approdata all'Università di Pisa, grazie all'esperienza raggiunta nella nuova tecnica, sono entrata a far parte della squadra del professor Renzo Nobili che mi disse subito "Qui studiamo i protozoi".  Io ho risposto " Non c'è problema, dopotutto sempre cellule sono".
Poi però mi sono resa conto che i protozoi (il termine protisti non era stato ancora introdotto) sono molto di più che cellule: sono organismi completi e complessi!
Infatti la loro unica cellula non solo deve svolgere tutte le funzioni vitali delle cellule eucariotiche ma deve anche  recepire e riconoscere gli stimoli provenienti dall'ambiente esterno, dagli altri organismi con cui vengono a contatto; elaborare risposte diverse per ognuno di essi, procurarsi energia, riprodursi…………e scusate se è poco!
                                        
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Prendiamo ad esempio il Paramecio, che viene citato anche in molti libri delle elementari, e vediamo cosa sa fare…….


1)      Si muove efficientemente grazie alle ciglia, appendici cellulari "inventate" dai protozoi ciliati a cui il Paramecio appartiene, ma presenti con la stessa struttura anche in molte cellule del nostro corpo che le usano per scopi diversi. Le ciglia battono l'acqua come piccoli remi flessibili e il loro battito può variare in frequenza e direzione, permettendo al Paramecio di procedere a diverse velocità e, se incontra un ostacolo, fare retromarcia e ripartire in un'altra direzione.





                                                      ciglia in movimento

2)      Come tutti i Ciliati il Paramecio è eterotrofo cioè per procurarsi energia deve mangiare, proprio come gli animali. Ma per mangiare ci vuole una bocca, direte voi: ebbene il Paramecio ne possiede una che si chiama citostoma (cioè bocca cellulare) ed è situata in fondo a una depressione della superficie a forma a imbuto e rivestita, appunto, di ciglia. Naturalmente la bocca non è una vera  apertura dalla quale potrebbe uscire il citoplasma; è piuttosto una piccola zona delimitata dalla sola membrana plasmatica (quella che riveste tutte le cellule), mentre tutto il resto della superficie   presenta membrane aggiuntive che conferiscono rigidità. Quando il cibo, spinto dal battito delle ciglia raggiunge il citostoma, la membrana si gonfia verso l'interno come un palloncino accogliendo cibo e acqua. Quando il palloncino è gonfio abbastanza, si stacca e si sposta verso l'interno, mentre comincia a formarsene un altro. Il "palloncino", che ora possiamo chiamare vacuolo alimentare, viene via via raggiunto da piccole vescicole che riversano al suo interno enzimi digestivi, non molto diversi dai nostri. Così mentre il vacuolo si sposta nel citoplasma il cibo al suo interno viene digerito e assimilato. Il materiale residuo verrà poi eliminato attraverso un'altra piccola zona specializzata detta citopigio. Quindi abbiamo un vero e proprio  apparato digerente, che si forma quando serve, completo di bocca e ano. Le membrane dei vacuoli svuotati vengono poi riciclate per formare i vacuoli nuovi. C’è perfino un apparato escretore (il sistema del vacuolo pulsante) per espellere acqua e Sali in eccesso.


                                     




Disegno schematico di Paramecio


Vacuoli digestivi di Paramecio con batteri (sezione al microscopio elettronico)





3)      Ma cosa mangia il Paramecio? Mangia batteri e protisti autotrofi detti anche microalghe; lo possiamo paragonare agli animali erbivori!  La maggior parte delle specie di Paramecio sono d'acqua dolce, un ambiente molto variabile in cui il cibo può venire a mancare. Così alcune di esse hanno imparato a metterlo da parte: alcuni vacuoli non vengono raggiunti dagli enzimi digestivi e le microalghe, che restano vive al loro interno, possono anche riprodursi perché il loro ospite cercherà  di esporle  alla luce per favorirne la fotosintesi. In questo modo, quando il cibo viene a mancare, il nostro previdente protozoo può digerire le alghe che ha allevato o semplicemente sfruttare i prodotti della loro fotosintesi. In un certo senso da eterotrofo diviene autotrofo.







                            Paramecio  che alleva  microalghe

4)      Come la maggior parte degli erbivori il Paramecio può cadere vittima di predatori carnivori (ce ne sono diversi tra i ciliati). Molti di questi attaccano la preda (di cui avvertono la presenza grazie ai recettori di membrana) scagliandole delle "frecce avvelenate" (toxicisti) che la paralizzano prima di ingerirla.  Come può difendersi la povera vittima?  Se riesce a percepire in tempo la presenza del predatore, può scagliare le sue armi (tricocisti) di per sé non  offensive, ma che
estruse tutte insieme provocano una sorta di "rinculo" che può portarla fuori portata del predatore.
Nota: toxicisti e tricocisti sono due tipi di estrusomi, organuli tipici dei protisti e di nessun'altra cellula eucariote. Possono essere molto diversi tra loro ma hanno in comune la possibilità di venir estrusi dalla cellula senza danneggiarla.






                                     Paramecio con tricocisti estruse

5)     Una volta accumulata abbastanza energia il Paramecio si riproduce. Come tutti i ciliati possiede un doppio apparato nucleare:  il macronucleo che, come dice la parola, è più grande, con tutti i geni ripetuti moltissime volte (poliploide) resta attivo durante  la vita vegetativa, la vita di tutti i giorni mi verrebbe da dire se non fosse che il ciclo vitale del Paramecio è misurabile in ore; e  il micronucleo diploide che entra in funzione solo nella fase di divisione cellulare, andando incontro a mitosi.
Il macronucleo si divide per strozzamento: i geni sono presenti in così tante copie che,  anche  se la divisione non è perfettamente in parti uguali, non c'è rischio di perderne qualcuno. La separazione delle cellule figlie avviene solo dopo che tutte le strutture, ciglia, citostoma ecc. sono state duplicate. Così ambedue i nuovi individui sono già pronti e autonomi. 
(La ripartizione dei compiti tra i due nuclei non vi ricorda qualcosa?  A questo proposito potete rileggere il post mitosi e meiosi).


                                 Paramecio in divisione.


6)      Ma i ciliati fanno anche sesso e il Paramecio non fa eccezione! Non è chiaro in quali condizioni la "cosa" ,che si chiama coniugazione, avvenga in natura. In laboratorio viene di solito indotta con un moderato digiuno. La coniugazione avviene solo tra individui della stessa specie ma non di tutti con tutti! I due coniuganti devono essere di diverso "mating type", come dire in qualche modo sesso diverso. Noi non distinguiamo assolutamente gli uni dagli altri ma loro si riconoscono (sempre mediante specifici recettori di membrana che captano sostanze prodotte dal mating type complementare). Al riconoscimento segue un preciso comportamento preconiugativo che i  protozoologi hanno imparato a riconoscere; poi si formano le coppie. Due individui restano attaccati nella zona della bocca e si forma tra di loro un ponte di citoplasma. Il macronucleo si disgrega mentre il micronucleo va incontro a meiosi: è un nucleo che sa fare mitosi e meiosi! Poi uno dei nuclei aploidi derivati dalla meiosi passa attraverso il ponte citoplasmatico nell'altro partner dove si unisce con un nucleo aploide lì rimasto stazionario. Alla fine ognuno dei due individui avrà un nucleo diploide diverso da quello precedente. A questo punto i due si separano e vanno ognuno per i fatti suoi. Il macronucleo si formerà in ciascuno di essi dalla divisione del nucleo zigotico. Due individui erano e due sono rimasti, ciascuno con il vecchio citoplasma e un patrimonio genetico nuovo.  Non si può quindi parlare di riproduzione sessuale ma di fenomeno sessuale, con rimaneggiamento genico che assicura la variabilità all'interno della specie.

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Coppia di Parameci




Protists: cells and organisms.


Although the kingdom Protists is no more recognised as a real systematic category, the term, written with a small “p” ,   may be still useful to indicate in general eukaryotic unicellular organisms to which this post is dedicated.


  Protists have only one cell and this unique cell not only performs all vital functions typical of eukaryotic cells but also realize and recognize the external stimuli coming from the environment and from every other organism they may contact.  Then, the cell has to work out a suited answer, to get the required energy and finally to reproduce. ……to say the least!!!
As an example I will, thereafter, illustrate what Paramecium, the most famous ciliate protist, often reported even on primary school books, is able to do.

1)   Paramecium is able to move thank to its cilia. Cilia are slender protuberances that project from the cell body. These organelles “invented” by Ciliates, to which Paramecium belongs, are anyway present in many cells of our body with the same structure but used for different purposes. Cilia beat the water like little flexible paddles. Their beating is variable in frenquency and direction. Thus the ciliate is able to vary the speed of its motion and to reverse its motion once an obstacle is present.





Motion of Paramecium cilia



2)  Like all ciliate protists, Paramecium is an heterotrophic organism,    requiring organic compounds for its principal source of food. In other words like animals  Paramecium eats. “But a mouth is needed to eat”, you will say, well Paramecium has a  mouth!!!
 It is called cytostome ( i.e. cellular mouth) and is localized at the end of a funnel shaped   depression of the surface all covered by cilia. Obviously the mouth is not completely open, otherwise cytoplasm would go out, it simply  is a little zone delimited by the plasmamembrane (the typical membrane by which every cell is covered) alone while additional membranes are present on the rest of the cell surface.
When the food, forced by the ciliary beating, reaches the cystostome the membrane blows up like a balloon toward the interior, gathering food and water. When the balloon is swollen enough, it detaches and begin to move in the cytoplasm. There it is reached by small vesicles containing digestive enzymes and is called “food vacuole”.  
The food inside the vacuole is then digested and assimilated. Waste will be then eliminated through another specialized superficial zone called “Cytopige” i.e. cellular anus. 
So Paramecium possess a complete digestive apparatus, comprising mouth and anus, that can be formed every time is needed!!
Noticeably the membranes of disrupted vacuoles are then recycled to form the new ones.

A n excretory apparatus, consisting in the contractile vacuole system, is even present to eliminate excess water and salt.


Schematic drawing of Paramecium


3) What does Paramecium eats?  Bacteria and autotrophic protists often called microalgae. It can be considered in some way “erbivorous”.
     Most Paramecium species live in fresh water, a very variable habitat in which the food amount may be at times scarce.  To avoid starvation, a number of species are able to preserve the food: some food vacuoles are not reached by digestive enzymes and the microalgae they contain remain alive. They can also reproduce since their host will provide to keep them exposed to the light to allow photosynthesis. Then, when the environmental food is lacking, our provident protozoon can digest the algae it grew up or, simply, utilize their photosynthetic products. In a certain way these Paramecia become authotrophs.







Paramecium growing microalgae




4)  As erbivorous animals Paramecium is a potential victim of carnivorous predators (many ciliates are predators).  Many of these predator ciliates  attack and immobilize the pray ( whose presence they detect trough membrane receptors) by a sort of toxic “arrows” (toxicysts) and easily ingest the victim. And the victim is not able to escape? Yes, toxicysts discharge appear to evoke trichocyst discharge in Paramecium. Trichocysts are Paramecium defensive weapons: they are not toxic but their explosive extrusion causes a rapid backward movement by which the victim may escape predation.

Toxycists and trichocysts are two different types  extrusomes, cell organelles present only in protists. Different types of extrusomes exist but all of them can be extruded without damaging the cell.  





Paramecium after trichocysts extrusion



5)  Once the energy accumulated by feeding is enough, Paramecium reproduces. Like all Ciliates, Paramecium has a dual nuclear apparatus, consisting of a  macronucleus in which genes are present in many copies (polyploid)   and one or more diploid micronuclei. The macronucleus controls non-reproductive cell functions, expressing the genes needed for daily functioning. The micronucleus is the generative  nucleus, containing the genetic material that is passed along from one generation to the next.
Paramecia reproduce asexually, by binary fission. During reproduction, the macronucleus splits simply while the micronuclei undergo mitosis. The cell divides transversally after the replication of all cellular structures. In this way each new cell obtains a copy of the micronucleus and the macronucleus and is ready to live autonomously.






Paramecium during binary fission



6)  But Paramecium, like all Ciliates, has also sex!!!!!

We do not know exactly in which situation the “thing” called “conjugation” happens in the natural environment. In the laboratory it is generally induced by a light starvation. Conjugation is only realized between conspecific individuals but not all whit all !!! The two conjugants are of different mating types, in other words of different sex.
 We are not able to distinguish the different mating types but Paramecia are able to recognize each other, through membrane receptors. The recognition  induces a typical preconjugant behavior, that expert protozoologists can easily identify, and finally pair formation. The two conjugants remain attached by the cytostomial zone where a cytoplasmic bridge takes shape. During the process the old macronucleus disintegrates and the micronucleus of the cells undergo meiosis

Thus micronucleus is able to perform mitosis and meiosis

Then one of the aploid nuclei derived by meiosis pass trough the cytoplasmic bridge in the other partner and fuse with an aploid nucleus there stayed on.  At the end each conjugant has a new diploid nucleus, different from the nucleus they had before. The new macronucleus is formed by replication of the new diploid nucleus.Then the  two individuals separate. They were two at the beginning of the process and are still two at the end. Thus conjugation cannot be considered a kind of reproduction: it is however a sexual phenomenon causing genetic mixing to increase the species variability





A pair of Paramecia






giovedì 23 gennaio 2014

La divisione cellulare: mitosi, meiosi.....che confusione


    So per esperienza (ho tenuto per vari anni il corso di Biologia generale per scienze Naturali, quasi sempre il primo esame che gli studenti tentano), che non è facile orientarsi tra le due modalità  di divisione cellulare e soprattutto comprenderne bene le diverse conseguenze.
Quindi cercherò di illustrarle qui nel modo più semplice possibile.

     Dunque, innanzitutto bisogna sapere che:

 1)  Mitosi e meiosi sono modalità  di divisione  delle cellule eucariotiche, quelle con il DNA racchiuso in un nucleo.

2) Nella maggior parte degli organismi pluricellulari, anche in quelli strutturalmente più semplici, si distinguono cellule “vegetative o somatiche”cioè cellule che, per così dire, lavorano nella vita di tutti i giorni  e cellule germinali con funzione esclusivamente riproduttiva.

3)  Le prime si dividono per mitosi anche se, spesso, sono così specializzate per compiere una determinata funzione, che perdono la capacità di dividersi. Le seconde si dividono per meiosi.
                                   
                                       °°°°°°°°°°°°°°°°°°°     
     
Non è mia intenzione descrivere qui i due processi nelle loro varie fasi, a ciascuna delle quali corrispondono difficili nomi derivati dal greco che potete trovare anche sui libri delle elementari, ma che (sempre in base alla mia esperienza di docente) impegnano talmente gli studenti per memorizzarli da far perdere loro di vista il significato dei processi stessi. E’ invece  proprio quest’ultimo aspetto che cercherò qui di illustrare.

 
Allora , basta con le chiacchiere e cominciamo.
Mitosi:
    all’inizio della mitosi il DNA si organizza in cromosomi che, visti al microscopio, appaiono come bastoncelli di varia forma e lunghezza. Il numero e la forma dei cromosomi sono tipici di ciascuna specie. Sono però sempre in numero pari perché ogni cromosoma è presente in duplice copia: ci sono quindi coppie di cromosomi omologhi (vedi poi alla meiosi perché si dice omologhi e non uguali anche se strutturalmente lo sembrano). Prima della divisione i cromosomi si duplicano. In questa fase al microscopio appaiono divisi in due rametti detti cromatidi che, poi, si separeranno migrando nelle due cellule figlie in modo da ricostruire in ciascuna il patrimonio genetico tipico della specie.

Risultato della mitosi:




due cellule con un patrimonio genetico uguale tra loro ed identico a quello della cellula madre. (nella figura per semplicità è considerata una sola coppia di cromosomi omologhi)

La mitosi entra in gioco durante lo sviluppo e nella crescita degli organismi, nonché nella sostituzione di cellule o nei processi di riparazione e rigenerazione, e nella riproduzione asessuale negli organismi che ne sono capaci.
                                            °°°°°°°°°°°°°°
 Meiosi:      Ben più complesso è il processo della meiosi che avviene non in una ma in due divisioni successive. Come detto sopra è tipico delle cellule riproduttive e, pur assicurando la presenza di tutti i geni nei prodotti finali, dimezza il numero dei cromosomi (la cui organizzazione è anche in questo processo il primo passo).
Ovviamente il dimezzamento non avviene a caso!

 La maggior parte degli organismi, almeno quelli animali, sono diploidi, perché, come detto sopra,  hanno due copie di ogni cromosoma. Le due copie però non sono identiche (per questo nella figura sono state indicate con colori diversi), sono invece omologhe.  Cioè portano gli stessi geni ma in varianti diverse. Vediamo se riesco a spiegarmi meglio con un esempio pratico: 
prendete due mazzetti di carte da gioco di seme diverso (ad esempio picche e cuori) che vanno dall’1 al 10. Mescolatele e poi ridividetele, senza tener conto del seme ma in modo che in ogni mazzetto i valori vadano sempre dall’1 al dieci. Avrete così due mazzetti uguali per i valori e la loro posizione ma diversi per la distribuzione di picche e cuori: due mazzetti omologhi appunto.
                                                     

    All’inizio della prima divisione meiotica i due cromosomi omologhi si avvicinano, già  divisi ciascuno in due cromatidi. Questa vicinanza permette loro di scambiarsi dei pezzi (si rimescolano le carte!). Questo processo si definisce con il termine inglese crossing over. 
 Alla fine di questa prima divisione i cromosomi omologhi si separano e se ne vanno ciascuno in una cellula figlia. Risultato: due cellule con una sola copia di ogni cromosoma, ma ancora ciascuno con due cromatidi che possono ora essere diversi tra loro

   I cromatidi si separeranno poi nella seconda divisione a cui andrà  incontro ciascuna delle due cellule.

 
Risultato finale della meiosi:

4 cellule aploidi (con un cromosoma per ogni coppia e quindi una sola copia di ogni gene) tutte diverse tra di loro grazie al rimescolamento che si è avuto nella prima divisione.
      Queste cellule sono pronte per unirsi con cellule che hanno subito lo stesso processo, prodotte da un organismo della stessa specie ma di un altro sesso, cioè per la riproduzione sessuale.

                                                   ♠

    Dalla fusione delle due cellule (gameti) deriverà una cellula diploide, in cui i cromosomi omologhi di ciascuna coppia provengono uno da un genitore ed uno dall’altro.  Questa cellula, detta zigote, attraverso successive divisioni mitotiche,  darà  origine ad un nuovo individuo con una combinazione genica unica, diversa da quella dei genitori e degli eventuali fratelli. Ecco perché ognuno di voi somiglia ai propri genitori e ai propri fratelli ma non è uguale a loro (a meno che non abbiate un fratello gemello monozigote, nato cioè dallo stesso zigote).

Quindi:

  Ogni individuo derivato dalla riproduzione sessuale è diverso dagli altri, è unico.

    Questo vale anche per le piante quando si riproducono sessualmente e per i piccoli animali che a noi sembrano tutti uguali.
     Fate una prova:
quando andate al mare raccogliete lungo la spiaggia conchiglie di arselle (telline o come altro le chiamate) e confrontatele tra loro. Vedrete che, per quanto abbondante sia la raccolta, non ne troverete due identiche!

                                                     ♠
 
Concludendo


La meiosi, abbinata alla riproduzione sessuale, è fonte di variabilità  genetica perché, anche se non utilizza nuovi geni, rimescola quelli disponibili in modo sempre diverso

 Questa variabilità permette ad ogni specie di sopravvivere anche in condizioni ambientali  che variano.

giovedì 16 gennaio 2014

La dura vita del parassita

LA DURA VITA DEL PARASSITA

          I parassiti sono organismi che traggono vantaggio a spese di un altro organismo (l’ospite), non solo non dandogli niente in cambio ma creandogli anche un danno biologico (a differenza dei simbionti mutualistici che si aiutano a vicenda ,vedi post: insieme si può). 

        Sono dei furbastri egoisti quindi, che amano la vita comoda. Specialmente i parassiti interni, quelli che vivono all’interno dell’ospite non si devono preoccupare di variazioni di temperatura, di mancanza di acqua e scarsezza di cibo: l’ambiente interno di un organismo è mantenuto stabile dall’organismo stesso!

Però anche la vita dei parassiti non è tutta rose e fiori.

     Prima di tutto i parassiti devono imparare a tenere a bada la loro voracità: se danneggiano l’ospite fino a farlo morire in breve tempo restano a bocca asciutta! 
     Poi, siccome per ridurre la concorrenza con altri parassiti molti di loro si sono specializzati per sfruttare un certo ospite e non altri, hanno il problema di trovare e assicurare l’ospite giusto anche per la discendenza.
Per questo la maggior parte dei parassiti producono una enorme quantità di discendenti in modo da aumentare la possibilità che almeno una parte di essi incontri l’ospite adatto. Ma anche riprodursi molto costa energia!

        Spesso poi i parassiti hanno cicli vitali complessi che prevedono il passaggio in due o più ospiti diversi: nell’ospite detto intermedio, che è in genere il più danneggiato, si riproducono asessualmente per aumentare rapidamente il numero degli individui, mentre nell’ospite definitivo si riproducono sessualmente. Le uova fecondate o le larve che derivano dalla riproduzione sessuale devono poi, almeno in molti casi, essere emesse all’esterno per incontrare l’ospite intermedio e ricominciare il ciclo.
     Quindi oltre alla difficoltà di sopravvivere in un ambiente variabile,  nasce un nuovo duplice problema: come fare a passare da un ospite all’altro e come fare perché la progenie trovi l’ospite intermedio?

      Nel corso dell’evoluzione i parassiti si sono inventati di tutto 
per esempio:

    Il trematode Dicrocoelium riesce addirittura a modificare il comportamento delle  formiche che li ospitano costringendole ad attaccarsi con le mandibole a ciuffi d’erba in modo da essere più facilmente divorate dalle pecore. Le pecore, che sono l’ospite in cui il Dicrocoelium si riproduce sessualmente, poi ne emettono le larve insieme alle loro feci e nuove formiche si infetteranno.

    Il trematode Leucochloridium invece non modifica il comportamento delle chiocciole in cui si instaura, anche se occupa più di metà dello spazio entro il guscio, ma provoca una appariscente deformazione, appariscente  nel vero senso della parola! Si tratta infatti della deformazione delle antenne che sostengono il bulbo oculare della chiocciola le quali diventano grossissime e presentano delle strisce vistosamente colorate che le fanno assomigliare a dei bruchi. Questo rende le chiocciole più visibili ed appetibili per gli uccelli, che sono l’ospite definitivo del parassita.  Così gli uccelli ghiotti di bruchi scendono a terra e divorano la malcapitata chiocciola, anzi spesso divorano solo l’antenna lasciando viva ma molto malconcia la povera proprietaria. Con questo stratagemma i trematodi possono più facilmente completare il loro ciclo vitale e colonizzare nuovi ambienti: da soli o con le lumache andrebbero poco lontano! Con gli uccelli invece possono girare il mondo.

Per maggiori dettagli: www.L'orologiaio miope.com da cui è presa l'immagine, con molti ringraziamenti.




Le antenne di una chiocciola infestata dal   Leucochloridium paradoxum




Ma non crediate che una volta trovato un equilibrio tra le proprie necessità e la sopravvivenza dell’ospite, nonché aver trovato un sistema per facilitare il regolare svolgimento del ciclo, il parassita possa stare tranquillo e crogiolarsi in una vita beata: eh no!

Gli ospiti infatti non stanno lì a subire e basta. Cercano di difendersi, di trovare qualche trucco per rendere il rapporto col parassita meno dannoso. Così nel corso dell’evoluzione si svolge una sorta di "gara" in cui ogni specie coinvolta lotta per stare al passo, o per superare, l'altra. Come avviene nel rapporto preda predatore.
       Basti citare, a titolo di esempio, il caso di granchi predatori che riescono a rompere il solido  guscio di  certe  chiocciole terrestri  con le loro robuste chele. Prima dell'evoluzione di questi granchi la maggior parte delle chiocciole presentava gusci assai più fragili; ma la comparsa  dei granchi predatori le ha spinte a rinforzare l'esoscheletro, in parallelo al progressivo irrobustirsi delle chele dei predatori, in una lotta per la sopravvivenza. Oggi, dopo oltre 100.000.000 di anni, sono notevolmente aumentati, sia lo spessore medio del guscio delle chiocciole che la potenza e lo spessore delle chele dei loro predatori.